Non una Pasqua qualsiasi. Oggi è difficile parlare di rinascita, ottimismo e futuro, perché con tutto quello che sta accadendo nel mondo non è possibile restare indifferenti. Però anche in questi momenti è importante mantenere viva la fiducia, credere nel potere del cambiamento e pensare come nel nostro piccolo possiamo rendere il mondo un posto migliore.

Quest’anno non vogliamo dedicarvi dei tradizionali auguri di Pasqua, ma desideriamo invitarvi a non perdere mai la speranza raccontandovi una storia di ottimismo, solidarietà e resilienza. Quella di Pasquale Coppola, Presidente di Trame Africane, ente filantropico che supporta lo sviluppo di alcuni dei villaggi più poveri del Kenya.

Un’intervista che parla di traguardi e sogni. Buona lettura 💚

1. Come e quando è nata l’associazione Trame Africane? (storia)

Iniziai a fare volontariato in Africa dapprima con alcune associazioni cosiddette istituzionali. Da lì ho capito che era il caso che io andassi oltre. Dopodiché ci sono state una serie di coincidenze, che mi hanno portato poi in Kenya.

Andai a Cernobio per un corso di formazione per il mio lavoro, e parlando con il formatore avevo parlato anche del desiderio di arrivare in un posto dove essere “responsabile” e sicuro che i miei sacrifici, ma soprattutto la fiducia dei miei amici e delle persone che mi affidavano questa fiducia, andassero a buon fine; vedere le cose realizzate nel rispetto dello spirito puro del volontariato.

Trame Africane nasce da questo incontro casuale, il mio formatore conosceva un collega, altri volontari e delle suore; ci mise in contatto e da questo incontro di sette folli sparpagliati in giro per l’Italia è nata Trame Africane nel 2001.

2. Quando sei arrivato in questi villaggi non è stato semplice partire. Che situazione hai trovato?

Machaka è un posto dove la parola “povertà” trova la sua vera essenza.

Gli abitanti vivevano in capanne fatiscenti fatte di fango, nei casi più fortunati, di legno. Erano sovraffollate, dormivano e mangiavano nello stesso spazio utilizzando un focolare fatto di sassi che serviva sia per cucinare che per riscaldare la capanna. Non esistevano servizi igienici, e per espletare i propri bisogni si utilizzavano latrine comuni all’aperto.

La totale assenza delle più elementari norme igieniche era la causa di innumerevoli malattie ed infezioni. Inoltre la percentuale di sieropositività all’AIDS era elevatissima, circa il 60%. Le persone morivano, ma non sapevano neanche che esistesse l’AIDS,

Le persone più fragili erano le donne e i bambini; le prime costrette a lasciare i propri figli per cercare legna, acqua e un po’ di cibo, i bambini lasciati da soli in giro per il villaggio, senza nessun controllo e senza la possibilità di poter frequentare la scuola.

Questo quanto abbiam trovato al nostro arrivo nel novembre 2003: da lì siam partiti!

3. Ci racconti che cos’è il Machaka Project? Quante persone e come le state aiutando?

“Il Machaka Project ha rotto una storia

di povertà per cui se il nonno era povero,

il figlio sarebbe stato povero,

il nipote anche e così via.

Voi di Trame Africane avete tagliato

questa catena e avete iniziato una nuova

fase: quella delle possibilità.”

Sister Mary Agnes

Il progetto nasce e si sviluppa a sostegno del Villaggio di Machaka, da cui prende il nome, e successivamente si espande fino a coinvolgere anche i villaggi vicini tar cui Kiirua.

La grande povertà di questi luoghi ha fatto sì che gli abitanti vivessero in condizioni estremamente disagiate, lontani da qualsiasi possibilità di crescita e sviluppo.  L’obiettivo di Trame Africane, in questo caso, è quello di fornire alle popolazioni del luogo un sostegno concreto, finalizzato innanzitutto al miglioramento delle loro condizioni di vita tramite la creazione di reali possibilità di sviluppo ed auto sostentamento, attraverso la costruzione o il miglioramento delle infrastrutture, tramite l’educazione sanitaria, l’istruzione, la formazione professionale e l’inserimento nel mondo del lavoro. Tale progetto è nato, e continua a svilupparsi, grazie alla collaborazione con le suore di St. Teresa del Bambin Gesù, già presenti ed attive nel villaggio.

Nello specifico, il Machaka Project si articola in vari punti, sviluppati negli anni con costanza e dedizione: sanità, istruzione, lavoro, orfanotrofio e terza età. E di anno in anno si arricchisce di nuovi programmi formativi, di nuove strutture per ampliare l’offerta formativa, lavorativa.

Feeding Programme: il programma riservato ai bambini del villaggio dove oltre ad essere seguiti dal punto di vista alimentare, igienico e sanitario, iniziano un primo percorso di scolarizzazione.

Children’s Home: l’orfanotrofio nella missione di Machaka che accoglie sia bambini orfani sia bambini i cui genitori non sono in grado di assisterli vivendo situazioni di estremo disagio.

Vocational Training Centre che accoglie, nella missione di Machaka un centro di formazione con questi corsi: knitting, embroidery, tie & dye, fashion & design, cosmetology, food production & services, house keeping, baking & pastry, art & beadword, computer.

Aged and Poor Project: il progetto che garantisce agli anziani del villaggio la fornitura di cibo ogni due settimane, la copertura assicurativa mensile (NHIF) per poter accedere ai servizi sanitari, abbigliamento e articoli vari.

Students Sponsorship Project: il progetto di Borse di Studio grazie alle quali bambini e ragazzi hanno la possibilità di intraprendere un percorso di studi partendo dalla Nursery fino ai College e alle Università. Questo in particolare è il progetto che ho più a cuore, perché il solo immaginare che persone destinate all’invisibilità sono riuscite, grazie al nostro supporto ma soprattutto grazie al loro impegno, a cambiare il loro destino è qualcosa di meraviglioso. E quei ragazzi che si sono diplomati e laureati oggi rappresentano un esempio per tutti, anche per tutti noi, di quanto con l’impegno ed il lavoro si può cambiare il proprio destino. Oggi quei ragazzi sono diventati professionisti, medici, infermieri, insegnanti, ingegneri, ma innanzitutto sono diventati il motore che sta coinvolgendo l’intera comunità nel combattere la piaga della povertà.

23 anni di Machaka Project: 23 di vite salvate, speranze realizzate.

4. Quali sono stati i più grandi obiettivi raggiunti fino ad oggi?

Non ci è mai piaciuto parlare di numeri, di progetti realizzati perché pensiamo sempre a ciò che possiamo ancora fare.

Sister Maria Pia, riferimento storico sia per noi che per le sorelle lì in Kenya, ci disse in occasione dei 20 anni dell’associazione: “Dalla generosità dei vostri cuori e dal vostro sacrificio ci avete permesso attraverso i nostri vari servizi di ridare speranza ai malati, dare cibo alle famiglie affamate e un futuro a numerosi bambini la cui educazione, la base su cui costruiscono il loro futuro, sarebbe rimasta giusta un sogno, un’aspirazione mai raggiunta.”

Beh questi sono gli obiettivi raggiunti e che rappresentano obiettivi sempre da raggiungere.

5. C’è un ricordo particolare che ti ha fatto dire “stiamo davvero facendo la differenza”?

Ne sono tantissimi. Vedere e i ragazzi del villaggio divenire medici, infermieri, insegnanti è un qualcosa da brividi.

Ma una cosa che ricordo sempre è quando andò per la prima volta in funzione la prima sala operatoria dell’ospedale a Kiirua. Mi trovavo lì e ci fu un parto d’urgenza da fare, al quale partecipai. Iniziarono a svolgere il parto cesareo, perché il battito del bambino era debole e dovevano farlo nascere subito; una volta nato il bambino non iniziò a piangere subito. I pensieri erano tanti, la sala operatoria, prima che l’operazione iniziasse sembrava enorme, ad un certo punto sembrava invece così piccola.

Portarono il bambino sull’isola neonatale, lo girarono sottosopra, fecero delle manovre; per me era come se fosse passata anche un’ora. Finalmente questo bambino inizia a piangere, ci fu un sospiro di sollievo. La suora lo pulì, lo mise nella copertina, e quando mi passò vicino mi disse: “se questo bambino fosse nato qualche settimana fa sarebbe morto, perché tutto questo non c’era”. E questo, nonostante gli anni e tutte le cose che faccio, ogni volta che lo racconto è una cosa che mi emoziona tanto.

“Io Sostengo Trame Africane”, un progetto che ci permette di fare la differenza

Ringraziamo Pasquale per la sua testimonianza e per averci permesso di conoscere a fondo una realtà che pur essendo tanto lontana da noi, ci riguarda. E lo ringraziamo per aver collaborato con noi nella creazione del progetto “Io Sostengo Trame Africane”, un’iniziativa che da settembre ad oggi ci ha permesso di raccogliere, attraverso la vendita delle Bag in Box, oltre 5.000 euro che supporteranno il proseguimento dell’istruzione di 12 giovani ragazze, attraverso borse di studio.

Pasqua secondo noi è soprattutto questo: pensare, sognare e agire per un futuro migliore.